«Sono Tommaso Conte. Faccio il content creator per @MilanoSays. Agli inizi, la pagina si occupava di linguaggio: attraverso un vocabolario ironico traducevamo ai non milanesi come parliamo noi milanesi. Tutti dicono che noi parliamo strano: in verità, è il resto del mondo a parlare strano.
Milano ha la prerogativa di essere una città aperta. Questo linguaggio stranito è lo strumento che abbiamo noi milanesi per confrontarci con il resto del mondo. La cosa fa ridere, dal momento che la traduzione è anche tradimento: non sempre riproduce il significato o il valore d’origine. Così, in @MilanoSays, abbiamo sviluppato contenuti più complessi, di modo che parlassero della città, alla città, per la città. Oggi, io sono il volto della pagina, colui che parla alla gente nei video.
Uno dei miei format preferiti è “I quartieri”: lì parli di Milano attraverso le varie zone. In una città multivariata, le differenze possono essere etniche, o dovute a stratificazioni storiche: Milano è sempre stata terra di conquista. Così progettiamo cosa si possa fare in un determinato quartiere, cercando di unire cultura a svago e divertimento. Uno dei più bei complimenti a me e alla pagina, è stato quello di un ragazzo che, pur di cuccare, ha usato come asset una di queste nozioni: a fin di bene.
Un’altra parola che vorrei considerare è “tradizione”. Come direbbe Abatantuono: «Ringraziamo la Puglia per averci dato i milanesi». La mia bisnonna è pugliese, e sento questo lato molto mio, poiché lo vedo negli occhi delle persone con cui parlo.
Dall’inizio, @MilanoSays ha portato all’orecchio altrui il dialetto di una volta o lo slang attuale. Non solo le parole, ma anche il sentimento che c’è dietro. Milano è fatta di tantissime etnie, sfaccettature, colori, bellezze, e questo ha una contropartita: la lingua comune può essere solo l’italiano o l’inglese (per i più in).
Nel 2024, citando Dargen D’Amico, «Milano è l’Europa per l’Italia e l’Italia per l’Europa». In una città tale, l’esclusività è considerata l’obiettivo top. Il che non è sempre un bene. Oltre a darle valore, non intendo dimenticare la mia città: me la sono tatuata sulla pelle.
Sul braccio ho il Duomo, e la Madonnina mi accompagnerà per sempre. Magari non lo sapete, ma a Milano ci sono ben quattro Madonnine. Per superstizione, nessun edificio avrebbe dovuto superare la quota della Madonnina del Duomo, a 108,50 metri d’altezza. Con l’avvento dei grattacieli si fece una deroga, purché una copia della Madonnina protettrice venisse posta sulla loro cima. La più recente Madonnina veglia sui milanesi dalla Torre Isozaki. Per credere, vedere @MilanoSays.»
Taccuino antropologico di Alberto Salza
Negli ultimi cinquecento anni è scomparsa la metà delle lingue del mondo, e non ce ne siamo neppure accorti. In realtà, la lingua si evolve (ascoltate il Latino nelle lingue romanze); oppure permane come relitto nei modi di dire o in quelli che chiamiamo “dialetti”. Essi hanno parole per cui non c’è sostituto, e contengono universi ormai sconosciuti. Data la miscellanea umana che è e deve essere la gente di Milano, la lingua che vi si parla è un multiverso inflattivo, dove le Madonnine si moltiplicano, l’inglese diventa una gag comica (avete mai approcciato un negozio sexy?), e si finisce per non distinguere più un pirla da una minchia.