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MATTEO MARESI
Skater
MATTEO MARESI 1
Matteo Maresi è uno skater dell’avanguardia milanese. Attualmente lavora come consulente di marketing. È noto per il suo stile “skater cresciuto”, dove l’esperienza non deteriora la personalità giovane.

«Mi chiamo Matteo Maresi. Sono uno skater, adottato da Milano trent'anni fa. Un antropologo ha definito le evoluzioni dello skateboard “acrobazie temerarie”. La temerarietà sta nel risolvere l'incognita di un'equazione fisica: l'incognita della gravità. La sfida sta sempre nel trovare l'equilibrio, e quindi il centro gravitazionale in condizioni avverse, proprio laddove quell'equilibrio parrebbe impossibile. La tavola, oltre a fornire la necessaria velocità, è come una molla: sta a noi farla vibrare in modo che superi la forza di gravità e rimanga accanto ai piedi mentre si vola.
È la città, il contesto urbano, a facilitare la passione per lo skateboard. Per me, Milano è il luogo privilegiato di questa continua risoluzione di equazioni. Per alcuni è solo uno sport, ma per altri si tratta di un’avventura umana. Per me è soprattutto così: lo skateboard è fatto di amicizie e di speculazioni sulle proprie possibilità, che sono non solo fisiche, ma anche mentali. Soprattutto mentali.
Negli ultimi anni l'espansione verticale, antigravitazionale, di Milano è stata fonte di ispirazione per tutta la comunità degli appassionati di skateboard che, come me, cercano la crescita interiore verso il futuro.
Per lo skateboard, c’è l’incremento prestazionale, quello della performance sportiva. Questo può apparire come l’aspetto più tipicamente milanese: migliorare nelle evoluzioni e nella tecnica, fare gare, e vincerle. Il futuro del futuro, sia per Milano sia per gli skater, è però fatto di elevazione interiore, di incontri con persone interessanti per la formazione di una comunità, di una dimensione civica di persone e strutture urbane al contempo. Un futuro orizzontale e uno verticale, dove non si guarda al risultato dell’evoluzione, ma all’orizzonte.»

Taccuino antropologico di Alberto Salza
L’etimologia di “speranza”, oltre al sanscrito spa (muoversi verso una meta) ingloba anche pes, “piede”. Uno skater affida alla sensibilità dei piedi la capacità di superare la gravità flettendo la tavola e volando su muri e piste in cemento, i sostituti milanesi delle onde da surf. Più che uno sport, è uno stile di vita “in the hood”, nella comunità ristretta di chi lo pratica. Abiti ampi per favorire i movimenti, felpe col cappuccio (hood, appunto) e cappellino californiano sono la divisa dello skater, una sorta di trampolino umano con le rotelle puntate verso il cielo.
MATTEO MARESI 2
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